sabato 30 aprile 2011

Documento di Economia e Finanza 2011: quello che Gelmini non sa

26 aprile 2011

Ventidue miliardi succhiati alla scuola pubblica italiana in una stagione di governo di centro-destra.


Un futuro di tagli, ecco le cifre

Corrado Zunino

Giovedì si inizia a votare il documento di Economia e Finanza 2011: lì dentro c’è lo “spianamento” della scuola italiana. Si arriva a 22 miliardi di “risparmi” nei 5 anni di questo governo. Mentre l’Occidente ha affrontato la crisi senza toccare tre voci: scuola, università, ricerca

Nel mezzo delle feste di primavera, giovedì alla Camera, si inizia a votare il Documento di economia e Finanza del 2011. Lì dentro c’è lo spianamento della scuola pubblica italiana. Quattro miliardi e 561 milioni di tagli previsti ogni anno dal 2012 al 2014 (tabellone a pagina 37 del documento del Programma nazionale di riforme già approvato in Consiglio dei ministri). Tredici miliardi e 683 milioni succhiati via a un organismo in grave crisi di ossigeno a cui dal 2009 al 2011 ne sono stati portati via già otto miliardi e 13 milioni (con 87 mila cattedre annesse e 42 mila posti di personale amministrativo, tecnico, ausiliario). Tredici miliardi e 683 milioni più otto miliardi e 13: sono ventidue miliardi succhiati alla scuola pubblica italiana in una stagione di governo di centro-destra. Con numeri di questa entità si renderà così fragile e dissestata la nostra scuola pubblica da trasformarla in un istituto sostituibile. Con che cosa? Con la scuola privata italiana.
Il Def di Giulio Tremonti, diventato cosa nota a “Ballarò” grazie a un colpo di teatro di Enrico Letta (il ministro Gelmini necessitava di un suggeritore alle spalle per riuscire a dire che quei tagli, meglio, “minori spese”, erano già previsti dal 2008), attinge ancora una volta dalla scuola perché sa che lì ci sono numeri grossi: se si taglia sulla scuola, è il ragionamento, vi è certezza di ritorno economico. Su 60 miliardi per il risanamento generale nei prossimi tre anni, tredici
e sette vengono da lì.
Tutti gli stati occidentali avanzati hanno affrontato la crisi economica mondiale non toccando tre strutture: la scuola, l’università, la ricerca. Barak Obama ha sottratto risorse, per dire, al ministero degli Interni americano, ma ha fatto crescere gli investimenti pubblici nei tre campi dei giovani e del futuro: scuola, università, ricerca. Da noi, si spiana. Altri documenti di governo che sottendono il Def tremontiano hanno detto qualcosa sul nostro futuro, qualcosa di angosciante: “Nei prossimi trent’anni ci sarà una riduzione strutturale della popolazione scolastica”. Perché? Perché strutturale? Dobbiamo arrenderci al fatto che facciamo (e quindi faremo) meno figli? Ma non è forse che la gioventù strutturalmente precaria fa meno figli perché non ha idea di come potrebbe precariamente mantenerli? O forse la riduzione scolastica immaginata da Tremonti è figlia dell’idea che la gioventù precaria tornerà a fare lavori manuali, ben pagati peraltro, abbandonando un’utopia sessantottesca di accrescimento culturale e potenziamento della cittadinanza attraverso la scuola? Ancora, i migranti, che comunque hanno riportato la soglia della popolazione italiana intorno ai sessanta milioni, secondo questo governo non andranno nei prossimi trent’anni al liceo e all’università in Italia? Queste stime non tengono conto che negli ultimi anni la popolazione della scuola in verità è sempre cresciuta.
Riassumendo. La quota del Pil oggi impegnata nell’istruzione, il 4,2 per cento, secondo il nuovo Def calerà al 3,7 per cento nel 2015 e al 3,4 nel 2060. Ovviamente, per consentire questo non ci sarà contratto per i maestri e i prof fino al 2013 e il blocco degli scatti d’anzianità resterà tale: 320 milioni in meno a bilancio del Miur per i “prof”  nel 2011, 640 in meno nel 2012 e 960 nel 2013. Prof più poveri per una scuola con meno alunni.
Ci scrive Enrico Letta, in un sms: “La cosa più pesante è che dalle tabelle del documento governativo emerge come la riduzione da un miliardo a 30 milioni della quota riservata per il diritto allo studio sia confermata anche per i prossimi tre anni”. Le dichiarazioni a raffica del ministro Gelmini  -  al termine del primo triennio di sacrifici  reinvestiremo in una scuola più snella e migliore con i risparmi realizzati  -  si sono rivelate bugie. Arrivano nuovi tagli, i più duri, perché portati su un organismo boccheggiante.
Scrive la Rete 29 aprile, i ricercatori universitari precari che alla precarietà non si arrendono: “Quattordici miliardi di euro, a valori correnti, è quanto il Piano Marshall diede all’Italia dal 1948 al 1952″. Il Piano Tremonti, all’Italia e al suo futuro, li toglie.
(25 aprile 2011)
http://www.repubblica.it/rubriche/la-scuola-siamo-noi/2011/04/25/news/un_futuro_di_tagli-15376342/
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29 aprile 2011

Il DEF nell'uovo di Pasqua: una sorpresa poco gradita

On. Anita Di Giuseppe

Dopo le festività pasquali, tra le mani dei deputati è giunta il DEF, documento di programmazione economica e finanziaria che il Governo è tenuto a trasmettere alle Camere in primavera.
Tale documento cerca di dare attuazione alle esigenze di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea e deve essere trasmesso alle Camere.
Purtroppo questo documento non contiene una programmazione, non è nemmeno una risposta del Governo alla crisi, all'alto tasso di disoccupazione giovanile e all'aumento dei prezzi.
Il DEF avrebbe potuto rappresentare un'occasione per i Ministri competenti, di mostrare finalmente la concretezza dei loro proclami.

Gli altri Paesi europei hanno deciso di investire proprio nei settori più in difficoltà, nei quali invece il Governo Berlusconi non fa che tagliare, in barba all'armonizzazione all'interno dell'UE.

Come confermano le segnalazioni di migliaia di cittadini, ci sono delle aree grigie che il Governo proprio non vuole recuperare.

Il settore dell'agricoltura, che in Molise risulta essere un comparto importantissimo,  ad esempio, nonostante sia tutelato anche a livello UE in virtù della Strategia Europa 2020, non vedrà il becco d'un quattrino.
Gli obiettivi saranno sostanzialmente disattesi: il tasso d'occupazione della popolazione tra 20 e 64 anni rimarrà ai minimi storici, ricerca e sviluppo non saranno finanziati, le emissioni di gas serra non saranno ridotte e le politiche a favore delle filiere produttive e della sostenibilità ambientale non saranno implementate.
Il DEF infatti non contiene un richiamo specifico all'agricoltura e non prevede voci distinte per questo comparto, il quale avrebbe invece bisogno di nuovi input e di una politica che assicuri il reddito e aiuti a superare la crisi.

Un altro settore che il Governo continua a mortificare è quello dell'istruzione.
Dichiarazioni, proclami e chiacchiere mascherano ciò che noi dell'Idv abbiamo denunciato sin dall'inizio della legislatura. Tutte le riforme sono dettate dall'esigenza di contenimento della spesa pubblica, una corsa al risparmio proprio in un settore vitale. Se i Paesi OCSE investono in media l'1,5% del PIL per l'università, si ritrova nel DEF una versione riveduta e corretta della famigerata legge 133 del 2008, infatti solo lo 0,9% del PIL viene speso a favore dell'istruzione superiore e centinaia di migliaia di posti di lavoro sono tagliati tout court.
Quattro miliardi di euro sono i tagli previsti dal 2012, meno risorse per i docenti, ulteriori risparmi decisi senza criterio.
La giustificazione addotta dai Ministri Gelmini e Tremonti ai tagli al personale è stata la "riduzione strutturale della popolazione scolastica"; come a dire: per meno alunni servono meno insegnanti. Peccato che la realtà è totalmente diversa, perché tutte le associazioni e i genitori denunciano classi sovraffollate e difficoltà nel garantire le supplenze e i posti vacanti , ruoli per i quali si impiega quell'esercito di precari che si ritrova nelle piazze e cerca di far sentire la propria voce.
Le debolezze del Governo sono ormai venute a galla.
Sarebbe meglio mettere fine a questa dissennata gestione della cosa pubblica!

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