giovedì 30 dicembre 2010

Incontro Comitati Veneto dell'11 dicembre



Comitati Buona Scuola del Veneto: resoconto della riunione dell’11 dicembre a Verona

di Comitati Buona Scuola del Veneto
19 dicembre 2010

Sabato 11 dicembre si sono incontrati a Verona, presso la sede di Legambiente,  un gruppo di rappresentanti dei  Comitati Buona Scuola del Veneto. Erano presenti persone di Verona, Vicenza, Padova, Treviso e Venezia, genitori, insegnanti sia di scuola primaria che delle superiori.
Le persone intervenute hanno confermato che allo stato attuale delle cose, resistere è proprio difficile, ma vale la pena di farlo.
Verona in questo momento è abbastanza attiva: il 3 ottobre scorso ha organizzato la manifestazione “il giro d’iTAGLIa” (http://picasaweb.google.it/ameliadepaperis57/1RAGGIODISOLEhttp://picasaweb.google.it/ameliadepaperis57/3SGIORGIO), inoltre due settimane fa si è svolto un incontro del personale degli istituti superiori della città: alcune realtà stanno effettuando come protesta il blocco delle gite e delle attività aggiuntive, altre non hanno optato per questa scelta ma hanno indirizzato una comunicazione ai genitori denunciando le difficoltà che vive la scuola.
In alcune scuole della primaria esiste una mobilitazione permanente che prevede una riunione sindacale, indetta dalle RSU, ogni cinque/sei settimane: questa iniziativa viene valutata come molto proficua in quanto l’assemblea diventa luogo di riflessione e di confronto e si sta pensando di proporla aperta anche ai genitori.
Resta essenziale informare le famiglie: per questo si è deciso di distribuire un volantino che fa il punto della situazione riportando i dati e le informazioni in merito ai tagli e ai ridimensionamenti orari delle singole scuole.
Negli istituti superiori di Verona, come in quelli di altre città italiane, nei giorni scorsi ci sono state occupazioni da parte degli studenti.
Dal 2006 esiste poi una mailing list che collega i componenti dei consigli d’istituto e dei comitati genitori di quasi tutti gli istituti di Verona (23 istituti comprensivi, 3 direzioni didattiche e 7 scuola superiori).
Recentemente hanno avuto un incontro con l’assessore all’istruzione a cui hanno proposto la costituzione di un tavolo permanente; vorrebbero, inoltre, costituirsi come associazione per interloquire con le istituzioni da una posizione maggiormente definita.
Resta ancora una volta confermata l’importanza del “fare rete” per scambiarsi informazioni, confrontarsi e proporre iniziative coinvolgendo in modo particolare i genitori per farli partecipare alla condivisone dei problemi comuni.
Anche a Padova alcune iniziative che hanno portato alla sottoscrizione di una lettera comune in cui emergono le difficoltà finanziarie delle scuole sono state realizzate dalla Rete 26 febbraio, che raccorda oltre 50 Consigli d’Istituto; un collegamento simile interistituto esiste anche a Vicenza città, mentre nell’alto Vicentino alcuni genitori stanno cercando di metterlo in piedi.
A livello istituzionale ci sono stati alcuni cambiamenti: alcuni mesi fa il dott. Venturella, dirigente dell’USP di Padova, “reo” di avere dato troppo ascolto alle istanze in difesa della scuola e in particolare del tempo pieno, è stato sostituito da Maria Giuliana Bigardi, decisamente meno in sintonia con il movimento della scuola e molto più allineata con le politiche governative (d’altro canto è stata anche assessore all’istruzione in un comune della provincia di Padova per Forza Italia…).
La dott. Palumbo, forse invece meritevole agli occhi del Miur per opposte ragioni, dal 1° gennaio 2011 sostituirà a Roma il dottor Cosentino e, probabilmente, Dino Cristanini prenderà il suo posto a Venezia.
Proprio la Palumbo ha recentemente precisato che per al T.P. vanno date 40 ore. La legge invece prevede 2 insegnanti (44 ore) e la differenza, per le possibilità organizzative che offre in relazione alle compresenze, è sostanziale.
A Padova, lo scorso anno scolastico (con Venturella), erano state concesse parecchie classi a T.P. (oltre 500….) mentre quest’anno molti genitori non sono stati accontentati.
Un’ulteriore conferma che è necessario opporsi alle direttive che continuamente (e spesso senza il dovuto supporto legale..) vengono calate sulle istituzioni scolastiche è legata ai pochi soldi che arriveranno dal Miur, in relazione ai crediti pluriannuali che le scuole vantano nei suoi confronti; queste modeste risorse economiche verranno date con precedenza alle scuole che hanno maggiori residui attivi.
Quindi chi ha accolto la proposta del Ministero dello scorso anno scolastico di spostare i residui attivi (cioè i crediti nei confronti del Ministero stesso) nel famigerato aggregato Z, diminuendone quindi la consistenza figurativa, si è dato la zappa sui piedi!
Attenzione a quello che gli istituti faranno quest’anno, visto che, in modo altrettanto scellerato è già arrivato dal MIUR l’invito a comportarsi nuovamente alla stessa maniera.
Dunque continuiamo a resistere, e a cercare di opporci: l’iniziativa che proponiamo è di attuare – nello stesso giorno in tutte le realtà territoriali che riusciamo a raccordare (potrebbe essere il 30 gennaio) un gazebo.
Può servire a sensibilizzare sui vari problemi legati alla scuola, a dare informazioni sulle continue modifiche che normativamente ci vengono proposte, ad informare i genitori in merito alle iscrizioni, a raccogliere firme sulla petizione al presidente Napolitano, a dire che noi non molliamo.
Ci piacerebbe molto, inoltre, coinvolgere in questa iniziativa il mondo degli studenti (lezione in piazza? momento di festa?).
Le firme sulla petizione a Napolitano continueranno ad essere raccolte fino al 14 febbraio: Padova ha organizzato dei banchetti in piazza, il CdI del centro storico di Venezia l’ha mandata a casa di tutti i genitori raccogliendo centinaia di firme in pochi giorni.
La convinzione del Comitato di Venezia è quella di cercare di unire la denuncia alla proposta; per questo motivo, nelle loro scuole stanno lavorando ad iniziative puntate sulla solidarietà tra genitori, che interpellano anche il Comune nel tentativo di allargare il fronte e di coinvolgere il territorio.
Unitariamente i vari comitati presenti concordano sulla necessità di aprire un blog che serva da collegamento per tutte le realtà attive del Veneto. Alcuni si sono presi l’incarico di provarci a lavorare nella pausa natalizia. 
Sono tutte azioni faticose e circoscritte ma, come dice un vecchio proverbio cinese, meglio accendere una candela che maledire l’oscurità.

lunedì 27 dicembre 2010

Gli studenti fanno paura

da il manifesto del 26 dicembre 2010

Gli studenti fanno paura

Non si fa che parlare di "disagio" e "violenza". Perché nessuno vuole assumersi responsabilità generazionali

di Massimo Stella, Patrizia Pinotti*

Questo movimento degli studenti fa paura a tutti. Lo si capisce molto bene dalle reazioni immediate ai poli opposti delle appartenenze e dell'opinione: da Saviano a Gasparri. Questi studenti fanno paura tanto a chi auspicava la protesta quanto a chi pensa che non abbia ragione di esistere. Il dibattito sui moti del 14 dicembre è stato monopolizzato da due parole: disagio e violenza. Intellettuali, giornalisti, scrittori, politici non hanno parlato che di disagio e di violenza. E si tratta di due parole assolutamente vuote. Il disagio è evidente ed è di tutti. Quanto alla violenza di piazza, i poliziotti sono pagati per fare un mestiere (come un insegnante o un operaio) e chi va in manifestazione per picchiare o spaccare sa benissimo che compie un atto illegale. Questo è tutto quello che c'è da dire sulla violenza di piazza. Forti di queste due parole vuote, sono tutti pronti, però, a dare il voto in condotta - «ci sono studenti per bene e poi c'è la feccia senza cultura e senza criterio» - cui segue l'immancabile lezione morale - «ragazzi state attenti a non farvi strumentalizzare. Dovete condannare la violenza». Al voto in condotta e alla conseguente lezione morale si aggiunge infine la lezione di economia: «Ma non vi rendete conto che il modello assistenziale da voi sostenuto non è più possibile? Che bisogna incominciare a premiare il merito e l'efficienza?».

Questi studenti non hanno bisogno di alcuna lezione. Di fronte a questi studenti bisogna fare un passo indietro, chiudere la bocca, una volta tanto, e pensare. Pensare soprattutto a noi stessi e di noi. Perché questi studenti stanno parlando anche di noi. Se mai c'è un'analogia buona a capire, tra tutte quelle completamente sbagliate e velenose evocate in questi giorni - e quella più sbagliata e velenosa di tutte, lo diciamo all'insieme di coloro che l'hanno pensata tra sé o detta e scritta, è la «strategia della tensione» -, se c'è mai un'analogia buona, ci viene dalla storia delle donne: chi, quarant'anni fa, si è sentito addosso lo sguardo di una femminista incazzata, dovrebbe capire, oggi, che genere di sguardo è quello che gli studenti ci stanno puntando addosso. E il vero punto della questione non è certo costituito dalla riforma: da una riforma concepita come il cortocircuito di tutte le possibili istanze in gioco, e che, dunque, costituisce la trappola perfetta per ogni allodola - per i giovani ordinari carrieristi che, magari in quota Pd, si sono gettati a capofitto nella commissione parlamentare gelminiana, per i vecchi ordinari che smaniano di sterminare avversari con le fusioni dipartimentali e dei poli universitari, facendo man bassa di posti, per i ricercatori che aspirano a diventare associati per forza di legge, per gli studenti che si illudono di essere premiati un giorno per merito...

Troppi interessi, come si vede, impossibili a conciliarsi. E questi studenti lo sanno. Se non lo sanno, perché non conoscono i meccanismi interni, comunque lo intuiscono, come si suol dire, di pancia, perché ormai sono abituati ad essere fregati. Il punto è, piuttosto, che con i moti del 14 dicembre, non si riapre, né si ripete, ma, al contrario si chiude definitivamente un cerchio apertosi quarantadue anni fa. Né sappiamo ciò che potrà succedere in seguito e chiunque abbia previsioni è in cattiva fede, perché, dentro di sé, già spera che tutto finisca il più presto possibile e come sempre. Salvo il numero sempre più esiguo di privilegiati chiusi nel loro sempre più ristretto e diroccato cimitero, ma garantito da ogni governo, gli studenti di oggi, in modo del tutto diverso dagli studenti del '68 e del '77, sentono di vivere già adesso, sentono di essere predestinati in futuro a vivere vite di scarto, vite private di diritti in cui, per troppo poco tempo, sono stati cresciuti.

È la questione della gratuità dei diritti che gli studenti ci stanno sbattendo in faccia oggi, chiedendoci un resoconto. Loro ci chiedono: se vi siete svegliati sul fare del 2000 accorgendovi che i diritti - il diritto all'assistenza sanitaria, il diritto all'istruzione pubblica, il diritto al lavoro, il diritto al riposo, il diritto alla famiglia - accorgendovi che tutti questi diritti costano, e se si è trovata solo una soluzione, tagliarli il più possibile, restringerli fino a far soffocare la società civile, perché siamo noi a doverne fare le spese? Perché dobbiamo pagarlo solo noi tutto questo infinito conto? È una domanda precisa, lucidissima, implacabile. E adesso chi risponde? Il docente universitario che spera di ottenere un ordinariato con qualche università telematica o il barone che imperversa in concorsi in cui si chiacchiera delle commissioni prima dei sorteggi e dei vincitori prima degli esami? Il docente di liceo che deve certificare a livello europeo conoscenze, competenze e abilità, ma continua a dare i voti come negli anni cinquanta? L'imprenditore veneto che non vuole pagare le tasse, ma pretende gli aiuti nazionali per l'alluvione? L'industriale che esporta il lavoro all'estero, togliendo di qua per rapinare meglio di là ed eventualmente ritornare di qua solo se gli si dà la garanzia che i contratti varranno più dei lavoratori? Questa gente si sente di rispondere agli studenti?

Ecco perché gli studenti fanno paura. Ecco perché si preferisce parlare di disagio e di violenza. Chi è disposto ad assumersi delle responsabilità generazionali? E questo è l'altro punto cruciale. Loro ci dicono: abbiamo capito una legge antica e non scritta che da sempre governa questo paese. È la legge dell'atavico familismo amorale contadino: il vecchio fotte sistematicamente il giovane. Persino l'unico che salva, il figlio, lo salva soltanto perché è sua proprietà. Loro ci dicono: non sono mai stati belli i vecchi di questo paese: da quelle bocche spira un vento di malora e di miseria che ha raggiunto anche noi. Abbiamo letto Pavese e Fenoglio, abbiamo letto Vittorini e Sciascia, abbiamo letto Elsa Morante e Pier Paolo Pasolini. Abbiamo studiato la storia dal '43 ad oggi. Tutto lo riconferma. I titoli di quei libri portati in manifestazione non sono una colorata e pacifica ventata di freschezza: quei libri sono lì per inchiodare i vecchi alle loro responsabilità. Hanno riaperto il pozzo della memoria. Hanno rimesso le mani in quell'intreccio di padri, figli, sorelle, fratelli, di letti, di campi, di faide tra parenti. Il campo e il falcetto sono ancora là. Il prete è ancora là nella parrocchia. La cognata è ancora nel letto del suocero. Dall'albero degli zoccoli pende ancora un destino e un auspicio di emigrazione: imparate le lingue e riprendete le vie del mondo, diceva De Gasperi ai giovani nel '49. E mentre i giovani di oggi ci ficcano gli occhi in faccia e nell'anima con giusto furore, dalla loro protesta emerge la domanda che fa più paura di tutte: c'è un altro modo di pensare il futuro che non sia l'uccisione dei nostri diritti?

*Grecisti, precari della ricerca all'Università di Pavia

giovedì 16 dicembre 2010

Il problema della ‘meritocrazia’

da ReteScuole

Milano , 13/12/2010

di Emanuele Rainone

Che le parole abbiano un significato è cosa alquanto dubbia, ma se ne può discutere: all’infinito. Che le parole siano suoni che vengono emessi dagli esseri umani e usati in un certo modo per fare od ottenere qualcosa è cosa che può darsi per pacifica. Per parlare della parola ‘meritocrazia’ forse è utile partire proprio da qui.

Se indico una mela rossa ad un extraterrestre che non conosce i significati di ‘rosso’ e di ‘mela’ e la mia intenzione è quella di fargli capire il significato di ‘mela’ lui potrà sempre pensare che gli indico il ‘rosso’. La cosa non si risolverebbe neanche se gli indicassi per cento volte mele di colore diverso, perché potrà sempre pensare che con quello stesso gesto sto indicando il picciuolo o qualcos’altro o nel caso più assurdo – ma possibile – che il nome ‘mela’ indichi proprio il gesto dell’indicare. Questo nel caso più semplice, non oso pensare cosa possa venir fuori con la parola ‘meritocrazia’.

Quando si parla di scuola sembra che basti parlare di meritocrazia per mettere tutti d’accordo e far dondolare tante teste vuote in senso di approvazione, ma spesso si ha la sensazione che non si sappia di cosa si stia parlando e che quando qualcuno sventola questa parola da un qualsiasi pulpito è come se stesse indicando qualcosa e tutti, al posto di guardare in un certa direzione, si concentrino affascinati e compiaciuti sul dito che indica.

Come tutte le parole usate ed abusate nel linguaggio politico, ‘meritocrazia’ viene lanciata come un oggetto sonoro nel dibattito pubblico per ottenere consensi, a volte urlata con grande clamore, come se dietro di essa si celasse un significato dorato, stabile, fisso, qualcosa che solo per il fatto di essere nominato abbia la fantomatica capacità di risolvere tutti i problemi. Ma questo non è il ruolo delle antiche e delle sempre contemporanee divinità che basta nominare per poter risolvere, mediante un rito o un esorcismo, un problema?

Nume: divinità della religione e della mitologia classica, numen, da nuere ‘far cenno col capo, annuire’ poi ‘volontà divina operante: divinità’. Appunto: ‘far cenno con il capo, annuire’, quando si parla di meritocrazia non fanno solitamente – da destra a centrosinistra – tutti cenno con il capo? Ma è un rito, un esorcismo. Del resto che ogni parola non sia altro che una divinità decaduta lo sappiamo da tempo, dietro ogni parola non c’è un significato, ma un rito, un esorcismo, un richiamo a qualcosa.

Ma cosa diavolo ci sta dietro a questa benedetta parola, su cui sembrano tutti d’accordo come incantati da una divinità e contro la quale soltanto alcuni sparuti gruppi sembrano gesticolare la loro disapprovazione venendo guardati dal resto della popolazione come dei retrogradi o degli eretici?

Rito, esorcismo, mitologia: potere. Un interrogativo mai risolto e irrisolvibile dell’antropologia riguarda il fatto se lo stregone o il sacerdote ‘ci fa o ci è’: se crede veramente ai suoi poteri o se fa finta per mantenere una posizione di potere. E questa è la natura di qualsiasi potere; così è per il nostro Ministro dell’Istruzione, non tanto per suo merito personale, quanto per la funzione che occupa, suo malgrado: se crede veramente nei poteri fantomatici e taumaturgici della ‘meritocrazia’ - qualsiasi cosa possa significare nella sua testa - oppure se sia convinta che la parola sia soltanto un paravento per mascherare un grumo ben solido e chiaro di interessi. Insomma: ideologia pura, e la più bieca. Sospendiamo il giudizio, ma interroghiamoci: quali problemi dovrebbe risolvere questo esorcismo meritocratico?

Si vuole una scuola migliore di quella che abbiamo. Tutti sembrano essere d’accordo. Ma ‘migliore’ è un’altra di quelle parole infide che vengono usate in modo equivoco e se ad essa non viene associato un qualsiasi criterio di valutazione per stabilire come e quando qualcosa sia ‘migliore’ di un’altra, rimane una parola vuota. Un’altra bella parola che serve solo per strappare qualche applauso.

Qualità, migliore, merito. Sono tutte parole che rimandano ad un'unica questione, ad un’unica grande parola che tiene insieme l’intero discorso e che è la croce di qualsiasi politica pedagogica: valutazione. Per esprimere un giudizio devo avere un criterio di valutazione. Ora, se parlo di merito e di qualità senza indicare un criterio, o non so cosa sto dicendo o sto bluffando.

Quando non si sa cosa fare si fanno esorcismi, ossia si parla d’altro per esorcizzare la propria incapacità, si invoca un dio per risolvere un problema. Si ha l’esigenza di valutare il lavoro che viene fatto a scuola, ma non si sa come fare, e allora si invoca la ‘meritocrazia’. Perché non si ha la più pallida idea di cos’è una scuola, cosa significa ‘fare scuola’.

Il problema fondamentale delle attuali politiche meritocratiche di Brunetta e Gelmini è che dai loro discorsi si ha la netta impressione che basti inserire un qualunque criterio di valutazione per risolvere un problema. Il problema della ‘meritocrazia’ non sta solo nella sua radice profondamente antidemocratica ma nel fatto che per il solo fatto di imporsi come unica soluzione annulla qualsiasi riflessione sul concetto di valutazione: per una cultura del merito qualsiasi criterio, anche il più arbitrario, va bene. Qualsiasi.

Il problema quindi, ancor prima di investire una riflessione sulla relazione tra cultura meritocratica e cultura democratica, è pedagogico in senso eminente: il dominio meritocratico è la negazione di qualsiasi cultura della valutazione intesa come momento intrinseco al processo pedagogico. Se qualsiasi criterio va bene significa che l’obiettivo di una politica meritocratica non è la valutazione come momento inscindibile e costitutivo del processo ma quello di creare in modo del tutto indifferente dalla materia che si sta trattando – che sia la scuola o la pubblica amministrazione - delle differenze.

L’obiettivo è quello di esercitare, mantenere, rafforzare un potere: creando una gerarchia.
Questo lo si può fare per smunta ideologia, per semplice incapacità o per bieca ignoranza. I provvedimenti di Brunetta e Gelmini per istillare nel corpo (dei) docenti il bacillo della meritocrazia sembrano essere proprio il risultato di un miscuglio di vari elementi: una fede dirigista, verticista e aziendalista come metodo universale di risoluzione dei problemi rivestita da una vaga ideologia antisessantottina, una manifesta incapacità a comprendere quali siano i reali problemi di una scuola del terzo millennio, una profonda inadeguatezza a capire lo sfondo culturale di crisi dei saperi dell’Occidente come orizzonte di senso a partire dal quale è possibile parlare di ‘crisi della scuola’ senza cadere nella solita deprecatio temporis, una malcelata volontà punitiva nei confronti degli insegnanti – tipica manifestazione rancorosa di ogni potere di fronte a ciò che non capisce e non può capire-, una ridicola ma altrettanto pericolosa ed eversiva politica di classe. Della scuola italiana, letteralmente e fascistissimamente, se ne fregano.

Davanti a qualcosa che non conoscono, che non hanno mai conosciuto e non vogliono sforzarsi di conoscere, non sanno fare altro che formulare un esorcismo meritocratico: ‘La scuola? Non importa cosa si fa a scuola, cosa si impara, se ci si va con piacere, se si formano dei cittadini consapevoli e con senso critico. Per fare funzionare una scuola abbiamo bisogno di un criterio, qualsiasi va bene, per premiare il merito. Importano solo i risultati. Come facciamo a stabilire i risultati? Ci sono dei test sul mercato? Qualche accademico ha prodotto dei test? Sì, bene, ci fidiamo, un criterio vale l’altro. Sono oggettivi? Certo: sono dei test. Come si chiamano? Invalsi. Bene, mi piace, chi garantisce? L’Istituto della Valutazione. Ma sono veramente oggettivi, nel senso di quantitativi? Misurano veramente cosa diavolo c’è nelle teste dei nostri ragazzi? Mah, Ministro non è possibile misurare, se mi è permesso …..nel processo educativo parole come ‘oggettività’, ‘quantitativo’, ‘misurare’ non hanno molto senso…. Ma che dice! Stia zitto stiamo facendo un esorcismo e Lei mi interrompe parlando del processo educativo!

Va bene così, misurare, misurare, Invalsi, suona bene: abbiamo un criterio per premiare il merito, ora le cose possono funzionare. Andiamo avanti con l’esorcismo. Le scuole con i migliori test Invalsi avranno più soldi dallo stato. Quanto ai professori chi meglio del dirigente e dello staff può decidere delle loro prestazioni? Dividiamoli in tre scaglioni. Ma perché proprio tre? Non importa, un numero vale l’altro, il tre è quello che di solito si usa di più e sembrerà un qualcosa di naturale, suona bene. Ai primi gli diamo un bel premio, ai secondi nulla e ai terzi se continuano a rimanere in fondo li licenziamo. Viva il merito, viva la riforma della scuola’.

Manifestazione degli studenti a Vicenza:

dal Giornale di Vicenza del 14/12/2010

sfiduciati dalla piazza !

Il corteo degli studenti a Vicenza

Vicenza. Ennesima protesta degli studenti a Vicenza, Padova e Venezia contro la riforma della scuola. Nel centro storico lagunare in corteo dalla stazione ferroviaria fino a Rialto sono sfilati, secondo fonti della Rete degli studenti, circa 1.500 giovani che hanno gridato slogan e mostrato striscioni.

Oltre a protestare contro la riforma Gelmini, gli studenti hanno attaccato il Governo e nel giorno del voto in Parlamento all’esecutivo hanno chiesto la sfiducia. Su uno degli striscioni era scritto: «la nostra fiducia non l’avete». La manifestazione - secondo fonti della Questura - si è svolta senza problemi.

A Vicenza sono scesi in piazza in 3.000 con assemblea finale nel cortile di una scuola. Gli studenti hanno aperto il loro corteo con uno striscione riferito al governo Berlusconi con la scritta «Loro cadono noi ci alziamo» e «Maria Stella cadente», quest’ultimo riferito alla Gelmini. A Padova circa 300 studenti hanno "occupato" le piazze del contro città, al grido «Noi la crisi non la paghiamo».

lunedì 13 dicembre 2010

14 dicembre: No alla riforma Gelmini

  dal Giornale di Vicenza del 13/12/2010

«Diciamo ancora no alla riforma Gelmini»

SCUOLA/2. Domani appuntamento alle 8.30 alla stazione ferroviaria
Dopo la fiaccolata gli studenti tornano in piazza

Mobilitazione contro l'approvazione della riforma Gelmini: dopo la fiaccolata di venerdì scorso, partita da piazza Castello, domani è in programma una nuova manifestazione, lanciata dai rappresentanti d'istituto delle scuole superiori di Vicenza e provincia ed appoggiata da tutte le sigle studentesche.
Venerdì i partecipanti hanno portato con sè una bara che simboleggiava la morte dell'istruzione pubblica; domani, invece, si daranno appuntamento alle 8.30 in stazione e proseguiranno in corteo verso la Città degli studi, dove si terrà un dibattito finale sulla riforma.
«Da quando ci sono stati tolti otto miliardi, spacciando questo atto come riforma, abbiamo definitivamente smesso di credere al governo. - spiegano i promotori dell'iniziativa - Domani, tuttavia, sarà una giornata decisiva, perché sarà votata in Parlamento la fiducia a Berlusconi. Per questo noi dobbiamo, più che in qualsiasi altro giorno, scendere in piazza e riconquistare i nostri diritti che ci sono stati cancellati negli ultimi anni».
«Questa manifestazione - hanno aggiunto - deve essere un monito per chiunque governerà il nostro Paese. Siamo stanchi di non essere mai ascoltati e chiediamo investimenti per il futuro».
Gli studenti pongono l'accento sulle conseguenze della riforma Gelmini.
«Stiamo andando incontro a: privatizzazione, esternalizzazioni, tagli al diritto allo studio, dequalificazione della didattica e della ricerca. La riduzione della spesa messa in atto e giustificata dalla crisi economica, può essere così sintetizzata: attacco dei diritti al lavoro, aumento dell'età pensionabile, privatizzazione di servizi, sostegno diretto ad aziende private e banche».

Manifestazione studentesca 14 Dicembre Vicenza:

Manifestazione studentesca 14 Dicembre Vicenza:

LORO CADONO, NOI CI ALZIAMO

Concentramento corteo principale 
ore 08.30 Stazione FS


In tutta Italia e in tutte le città del Veneto, gli studenti hanno deciso di scendere in piazza per ricordare al Governo di oggi e alla politica di domani che una riforma seria ed efficace della scuola deve essere prima discussa con chi la scuola la vive tutti i giorni.

Da quando ci sono stati tolti 8 miliardi, spacciando questo atto come "riforma", il governo ha perso definitivamente la Nostra fiducia.

Martedì 14 dicembre verrà ...votata in parlamento la fiducia al governo Berlusconi, un governo che in questi pochi anni di mandato è riuscito a compiere un attacco trasversale all’intera popolazione italiana: dagli studenti ai precari, dai disoccupati ai pensionati e in generale a tutti i lavoratori.

Per quanto riguarda l’università si sta andando incontro a: privatizzazioni, esternalizzazioni, tagli al diritto allo studio, dequalificazione della didattica e della ricerca sono gli effetti concreti delle logiche che stanno alla base di queste riforme e che hanno come obiettivo finale un sistema produttivo incentrato sulla precarietà del lavoro. In questo progetto, la scuola e l’università devono essere in grado, da un lato di selezionare e dall’altro di addestrare gli studenti ai tempi di vita, di studio e di lavoro della precarietà.

Questo governo negli ultimi 2 anni ha messo in pratica tagli ai servizi e al settore pubblico che vengono giustificati dalla crisi economica che colpisce il nostro paese e, più in generale, tutta l'Europa. Rientrano nelle misure di risposta alla crisi:

- Attacco ai diritti del lavoro, con il tentativo di smantellamento del contratto collettivo nazionale e con l'approvazione del cosiddetto Collegato lavoro, che snatura la tutela giurisdizionale dei lavoratori.
- Aumento dell'età pensionabile.
- Tagli ai finanziamenti diretti a province e regioni, che per esempio in Calabria hanno determinato un aumento della tassa regionale universitaria del 50%.
- Privatizzazione, nonché esternalizzazione e gestione privatistica dell'erogazione di numerosi servizi, tra cui le risorse idriche, i trasporti, la sanità, l'istruzione e il diritto allo studio, già ampiamente vittima delle esternalizzazioni nel nostro paese. Le comunità vengono espropriate dalla gestione dei loro beni e territori, i diritti vengono gestiti secondo criteri aziendali e privatistici. Fondazioni ed enti privati cominciano già adesso a diventare protagonisti dei C.d.A. degli atenei, chiamati non a finanziare ma a gestire e programmare attività economiche, investimenti e offerta formativa didattica come se si trattasse di aziende in crisi.
- Sostegno diretto dello stato ad aziende private e banche in difficoltà tramite finanziamenti, condoni ed incentivi, che di contro non vede un aumento delle assunzioni o dei salari, ma anzi il contrario: licenziamenti di massa e cassa integrazione.

È per questo che il 14 dicembre più che ogni altro giorno, noi studenti dobbiamo scendere in piazza e riconquistare tutti i nostri diritti che il Governo Berlusconi ha voluto cancellarci in questi anni. Diritti di noi studenti ma non solo, diritti di tutti i lavoratori , di tutta la collettività.
Questa manifestazione deve essere un monito per chiunque governerà il nostro paese, perchè siamo stanchi di non essere ascoltati e chiediamo investimenti per il Futuro.
Perchè il Futuro sono gli studenti medi, gli universitari, i ricercatori e i giovani precari!

Manifestazione promossa dai Rappresentanti di Istituto

Concentramento corteo principale ore 08.30 Stazione FS

ARRIVO IN CITTADELLA DEGLI STUDI DOVE CI INCONTREREMO CON GLI STUDENTI DI QUEL POLO. DIBATTITO TRA STUDENTI E DIRETTA CON MONTECITORIO

Singoli spezzoni partiranno da ogni scuola: CONTATTATE I VOSTRI RAPPRESENTANTI!

Corteo principale:
Lioy
Fogazzaro
Fusinieri
Lampertico
Martini
Rossi
Piovene

Corteo secondario: partenza appena finite le Assemblee d'Istituto
-Quadri
-Pigafetta


mercoledì 8 dicembre 2010

Sabato 11 dicembre a Verona: Assemblea dei Comitati del Veneto

da Comitato genitori e insegnanti x la scuola pubblica di Padova e Provincia


Sabato 11 dicembre Assemblea a Verona dei Comitati Buona Scuola del Veneto

per fare il punto sullo stato delle cose, per discutere delle nuove iniziative comuni da proporre insieme nel territorio
il gruppo ReteScuoleVerona propone

un’assemblea dei Comitati Buona Scuola del Veneto

a Verona – sabato 11 dicembre alle ore 15.00

presso la sede di Legambiente

in via Bertoni 4


venerdì 3 dicembre 2010

Miniguide alle "riforme" Gelmini

dal sito di ReteScuole
2 dicembre 2010
Materiali per gli studenti e le studentesse 
in autogestione o occupazione

1 Miniguida 1 (in formato PDF) 
Cosa sono i tagli alla scuola pubblica, cos’e’  la riforma Gelmini della scuola
2 Miniguida 2 (in formato PDF)
La riforma Gelmini dell’Universita’
Documenti Singoli in formato Word
3 tagli alla scuola pubblica
4 La controriforma della scuola
5 la controriforma dell’universita
6 Tagli alla scuola e spese militari
7 miniguida