Roma , 10/07/2009
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di C.I.P.- Comitato Insegnanti Precari
Perché chiediamo le dimissioni del ministro Gelmini
di C.I.P.- Comitato Insegnanti Precari
Perché chiediamo le dimissioni del ministro Gelmini
Dall’interesse pubblico a quello privato. Dal governo alle offese. Incaricata di amministrare la scuola di tutti, e retribuita con i soldi di tutti, il ministro Gelmini travasa risorse finanziarie pubbliche a beneficio della scuola privata. Lo fa mediante elargizioni incondizionate di superbonus a chi frequenta diplomifici e istituti confessionali. E non finisce qui. Dà pure del pirla a chi la contesta civilmente.
Lasciando perdere la caduta di stile e il deficit di rispetto democratico palesato, cerchiamo di scoprire le ragioni di tanto nervosismo. Di certo i motivi di insoddisfazione e frustrazione non mancano. In un anno non si di poteva far peggio.
Critiche e censure sono arrivate dai media indipendenti, dal C.N.P.I. (Consigli Nazionale della Pubblica Istruzione), dalle OO.SS. (Organizzazioni Sindacali) e da quelle di categoria, dagli studenti e dai genitori, dai presidi fino ai bidelli passando per i docenti di ruolo e quelli precari, oltre che dalle opposizioni nelle commissioni come nelle aule parlamentari.
Un fallimento totale. Dal Piano programmatico ai Regolamenti, dalla chiusura delle scuole nei piccoli centri alla determinazione del numero degli alunni per classe, dalla circolare sulle iscrizioni a quella sui libri di testo, dal sistema di valutazione alla quantificazione degli organici, dal voto in condotta a quello di ammissione all’esame di stato, abbiamo assistito ad una lunga serie di provvedimenti raffazzonati, velleitari, demagogici, scoordinati tra loro e disarticolati dalla realtà e dall’impianto normativo e funzionale del sistema scolastico nazionale.
Norme scritte e poi corrette, proposte e contraddette, avanzate e rinnegate, varate con decretazione d’urgenza e rimandate a data da destinarsi. Specchio di ignoranza, inettitudine, idiozia. Tre “i” vere al posto delle tre “i” millantate dalla allora ministra Moratti: impresa, informatica e inglese. Una conduzione contraddistinta da presunzione e arroganza. Da una furia persecutoria e da un livore senza pari nei confronti della scuola statale, di chi la frequenta e di chi ci lavora.
Il comportamento supino e vigliaccamente subalterno verso il ministero dell’economia ha permesso, inoltre, che si saccheggiassero le già esigue risorse disponibili per l’esercizio didattico essenziale. Tipica condotta di chi non ha conosciuto ed apprezzato le scuole statali, avendole preferito i più comodi istituti privati, e nutre nei confronti dell’istruzione pubblica un rancore antico, corroborato da un più recente antagonismo politico, visto che la scuola statale sarebbe territorio di facinorosi comunisti.
Una prova? Meglio due. La prima: la ministra, in collegamento telefonico con “Uno mattina estate” si è recentemente dichiarata orgogliosa del minor numero di ammessi agli esami di stato e del maggior numero di bocciati nelle classi intermedie. Si è inorgoglita dei suoi fallimenti. Confondendo la serietà con la severità. Omettendo, per ignoranza o malafede, la causa di questi insuccessi. L’impossibilità materiale di attivare gli interventi di recupero e sostegno preventivo degli alunni in difficoltà dovuta all’assenza di fondi che, com’è noto, sono stati tagliati dalla pseudoriforma targata Gelmini-Tremonti. Fondi ora travasati dalla scuola di tutti e per tutti alle scuole private. Ed ecco la seconda: la Nostra ha pensato ad un ulteriore superbonus da elargire a chi opta per scuole private e diplomifici. In sostanza, siamo di fronte ad una politica che, nella scuola settaria ed elitaria, penalizza gli studenti e favorisce i paganti. A misura di furbi, insomma, a misura di chi la governa. Di chi cerca “lidi di comodo” (leggi Reggio Calabria, per esempio) per raccattare titoli che, altrove, non avrebbe conseguito (leggi Brescia, e non a caso).
Tornando all’attualità, il TAR del Lazio sta mettendo in discussione il castello di carte con i provvedimenti applicativi delle pseudoriforme Gelmini. Dapprima la sospensiva della circolare sui libri di testo, frettolosamente insabbiata dal Consiglio di Stato senza neppure rispettare le procedure formali. Poi l’impugnativa della circolare sulle iscrizioni e di tutti gli atti connessi, compresi gli organici, per l’assenza dei definitivi atti fondamentali, necessari all’attuazione: dal Piano programmatico al Regolamento del primo ciclo, fino al dimensionamento degli organici.
A dimostrazione di come le cosiddette riforme Gelmini siano solo “sparate a salve” e non si rivelino applicabili. Oltre alle puntuali bocciature del Tar, sono arrivate anche quelle della Corte costituzionale. La Consulta ha appena accolto i ricorsi proposti da alcune regioni sugli accorpamenti tra le scuole che, per mere logiche di ragioneria contabile, sopprimono nei piccoli centri i residui presidi identitari e di legalità presenti sul territorio. Ancora il Tar del Lazio ha, in questi giorni e per la seconda volta, accolto i ricorsi dei precari contro il Decreto sull’inserimento “in coda” nella graduatorie ad esaurimento. Il tribunale amministrativo, infatti, ha sospeso l’applicazione della norma con tutte le conseguenze che questo determinerà sull’impiego delle stesse graduatorie sia per le assunzioni in ruolo, sia gli incarichi annuali e le supplenze temporanee. In sintesi per il regolare funzionamento della scuola. Quindi, salvo impugnativa del MIUR al Consiglio di Stato, l’inserimento a “pettine” e non più “in coda” sarà consentito a tutti quei precari che volessero cambiare provincia. Questa novità – l’ennesima in corsa – avrà un effetto devastante sugli Uffici scolastici provinciali, con l’ulteriore slittamento, peraltro già disposto dal Miur, delle operazioni sugli organici, sui trasferimenti, sulle assegnazioni provvisorie e sulle nomine.
A questo punto nel mese di agosto – feriale anche per scuole e U.S.P. (Uffici Scolastici Provinciali) – si dovrebbero compiere tutti gli adempimenti per la messa a punto dell’organico di fatto.
Nel frattempo, con l’avvento del nuovo anno scolastico, si dovrà provvedere alla copertura dei posti vacanti utilizzando le vecchie graduatorie e i supplenti temporanei. Ciò in attesa del reclutamento degli aventi diritto dalle nuove graduatorie che, con tutta probabilità, saranno disponibili non prima di dicembre/gennaio. Questo provocherà l’inevitabile avvicendamento di circa centomila docenti, con tutti i contraccolpi educativi, cognitivi, metodologici ed affettivi conseguenti alla discontinuità didattica procurata, a metà anno, in tutte le scuole, specie in quelle di “frontiera”. È qui che la precarietà lavorativa di un numero cospicuo di insegnanti, di norma, si salda con quella esistenziale, sociale e culturale degli alunni, quelli che frequentano le “scuole del disagio” se non della dispersione e della elusione scolastica. È da queste scuole che i docenti in ruolo si allontanano appena possono. Proprio quelle dove, per contro, sarebbe necessario fornire agli alunni più svantaggiati maggiore stabilità didattica e affettiva, maggiore collegialità ed esperienza professionale.
Caos, inefficienza, danni per l’erario, sconquassi didattici e perenni valzer di cattedre, con tutto il corollario di ricorsi e perdita di qualità del sistema scolastico nazionale, questo è il risultato della nuova conduzione del ministero di viale Trastevere.
Senza entrare nel merito della insensatezza e del bassissimo profilo scientifico, didattico e funzionale dei provvedimenti di riforma varati dall’attuale esecutivo, la sola conduzione del dicastero dell’Istruzione è sufficiente perché si richiedano le immediate dimissioni del ministro.
Roma, 10 Luglio 2009
C.I.P.- Comitato Insegnanti Precari
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