domenica 27 marzo 2011

SIAMO IN GUERRA - 2 APRILE 2011 GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE

da Retescuole

Scuola , 23/03/2011
Siamo in guerra

inviata da Marino Bocchi

Stamattina, ultima ora.
Avevo programmato, per la quinta, un percorso cronologico, scandito per tappe essenziali, dall'Unita' ad oggi. Fonte: Corriere della sera. Destinazione: esame di Stato. Dal 1861 ad oggi.
Tutte le tappe, le considerazioni critiche, i fatti. Sintesi splendida. Infatti domattina la presentero'.
Domattina.
Perche' stamattina, prima di entrare, mi bloccano alcune: "ma prof, siamo in guerra?".
Si', siamo in guerra.
Non perche' partecipiamo alla cosiddetta azione umanitaria, che propriamente guerra non e', come si affanna a dire anche il nostro Presidente della Repubblica in termini formalistici e non come Gino Strada il quale dice pane al pane e vino al vino, che puo' anche non far piacere, pero' e' cosi'.
Ma per i riflessi che temo. Sono quelli che a me come docente, come educatore, mi preoccupano veramente. E sono anche quelli che i ragazzi capiscono d'istinto. Mi spiego con un esempio pratico.
Nella mia quinta, eta' media 19 anni, ho 7 alunne su 20 non di cittadinanza italiana, quindi un terzo, piu' o meno. Considerate che siamo in una quinta. Immaginate le classi inferiori. Sono, per farla breve, circa 400 su 1100 in totale.
Ecco: quali ripercussioni ci potranno essere sul livello di convivenza, di integrazione? Napolitano dice che non dobbiamo allarmare l'opinione pubblica. Bravo. Ma i giornali, i telegiornali, i bombardamenti in diretta, gli sbarchi a Lampedusa video trasmessi, Facebook, ecc. ecc.?
Chi glielo spiega che i tempi sono cambiati, che e' venuto meno il filtro della mediazione? Pero' il mediatore qualcuno lo deve pur fare. E siccome mi tocca, allora lo faccio io. Vado allo sbaraglio ma lo faccio io. E allora dico: la guerra c'e', i rischi sono enormi, quello che vi arriva, l'ansia che vi coglie, che ci prende tutti allo stomaco, e' esattamente quello che succede.
Ma non spaventiamoci. Intanto leggiamo cio' che diceva Giovanni Pascoli nel 1911, la grande proletaria si e' mossa, la Libia colonia italiana, Tripolitania e Cirenaica, il colonialismo, la decolonizzazione. E poi c'e' Sara (nome di comodo), tunisina, che vi ha spiegato come abbia vissuto grazie ai suoi amici e parenti, con il cellulare, la videocamera, Internet, il sommovimento della Tunisia, la gente massacrate per strada, avete visto le foto, no? E Gheddafi e' un dittatore come Ben Ali', solo un po' piu' forte, un po' piu' scaltro, un po' piu' assistito.
Ha reagito, si e' messo di traverso, ha riconquistato. E quando se ne sono accorti che stava riconquistando, i leader dei paesi occidentali hanno detto no, basta, e' troppo. "Ma perche' hanno detto no, basta, e' troppo, solo quando si sono accorti che stava riguadagnando terreno?".
Bella domanda, scomoda, come quelle che ti fanno i ragazzi se non hai paura di ascoltarli.
E qui o esci dal guscio o sei fottuto, perche' perdi per sempre di credibilita'. E allora: ma si', diciamo pane al pane e vino al vino, perche' speravamo che il lavoro sporco lo facessero gli insorti. E invece, adesso tocca farlo a noi.
"Ma perche' se ne sono accorti solo adesso che Gheddafi e' un dittatore, non lo sapevano anche prima, e' dal 69 che è al potere, e invece fino a tre mesi fa gli baciavano la mano?".
Forse perche' piu' dei diritti civili a noi interessa il petrolio (dico il dubitativo "forse" per un riflesso di prudenza, metti che qualche censore ministeriale o presidenziale mi accusi di disfattismo).
"Ma se ci interessa il petrolio, tanto valeva continuare a stare con Gheddafi, no? Stava riprendendosi il controllo del territorio...".
E qui si fa sempre peggio, proprio ti costringono al pane e al vino. E allora, vada come vuole: l'Italia in effetti, che era il primo esportatore in Libia, e gli abbiamo venduto anche le armi con cui massacra i civili e forse (sempre forse) anche i razzi con cui potrebbe colpire Linosa o Lampedusa per ritorsione, si e' dovuta accodare per forza, mettiamo che "l'azione umanitaria" vada a buon fine, Gheddafi venga eliminato, che ruolo avremmo come paese se vincessero gli altri e noi non avessimo collaborato? Altro che primo esportatore, minimo la Francia, che fin dall'inizio ha premuto per l'intervento, ci scavalcherebbe..E l'Eni, e le altre multinazionali, se le potrebbero scordare le loro commesse in centinaia di milioni di euro..."
Ma quell'accordo con Gheddafi perche' lo abbiamo firmato, solo per le commesse?"
A questo punto, mi salva Maureen (altro nome di comodo). Lei viene dal Senegal, Africa nera. "I miei genitori hanno dovuto attraversare il Sahara per arrivare in Italia, passando dalle coste della Libia".
E indica le coordinate sulla carte geografica. "E in Libia c'erano i campi di raccolta, non ci facevano uscire, sono partiti con un barcone di fortuna, di notte, saltando i controlli". E allora, senza questi controlli, ci sara' l'invasione? dice una.
Ma quale invasione, risponde Sara la tunisina, provaci tu a morire di fama, non scapperesti? E quella, guardando male la sua amica Sara, di cui e' compagna di classe da tre anni: e se adesso ci bombardano, se fanno gli attentati? (se fate, voleva dire).
Poi si gira: scusi prof, ho detto una stupidaggine, mi sono dimenticata che le guerre ci rendono tutti piu' violenti e razzisti. Ma ho paura.
Anch'io ho paura, cara Denise (terzo nome di comodo), non ti devi scusare.
Fine dell'ora, di cui ho riferito la cronaca esatta. Esco estenuato e angosciato. Avro' fatto il mio dovere? Non sapevo cosa dire. Per fortuna che ci sono loro, con le loro paure, le loro ansie, i loro pregiudizi.
Molto piu' autentici di noi, che altrimenti sapremmo solo aggrapparci alle belle parole di circostanza dei comunicati ufficiali.
Un caro saluto. Marino.

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                  da www.dueaprile.org



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